GIUDICE DI PACE DI LA SPEZIA, sentenza 9 maggio 2019; Giudice GALEOTTI; M.G. (Avv. DI VITA) e S. s.p.a. (Avv. MELLEY)
Responsabilità civile – Autostrade – Varco nella rete di protezione – Responsabilità del gestore (Cod. civ., art. 2051)
Il concessionario di una tratta autostradale è responsabile del danno arrecato al proprietario di un cane da caccia, investito da un automobilista per essersi immesso nella carreggiata attraverso un varco della recinzione di protezione (1)
(1) I.- La responsabilità del gestore di un’autostrada per i pregiudizi subiti da persone o cose a causa di ostacoli o anomalie sul percorso è generalmente ricondotta all’art. 2051 c.c.; salvi i casi in cui, per l’impossibilità di esigere la custodia del bene, si applichi l’articolo 2043 c.c. (per una ricostruzione organica dell’inquadramento di suddetta responsabilità cfr. Cass. 15 gennaio 2013, n. 783, Foro it, 2013, I, 1589; 19 maggio 2011, n. 11016, id., Rep 2011, voce Responsabilità civile, n.464 ed il recentissimo contributo di F.P. PATTI, Il declino della responsabilità oggettiva (a margine dell’art. 2051 c.c.), in Riv.dir.civ., 2019, p.977).
Con la sentenza in rassegna il giudice affronta, peraltro, una fattispecie singolare, ove il danneggiato non è un automobilista che lamenta un danno alla propria persona o all’autoveicolo, ma il proprietario di un cane da caccia, il quale, in occasione di una battuta, si era introdotto in un varco della recinzione autostradale per l’inseguimento di un cinghiale. Il varco viene considerato causa prevalente dell’evento dannoso: infatti, pur prendendosi in considerazione il ruolo di controllo del cacciatore addetto ai cani, si esclude che vi possa essere alcun legame causale con la rete di protezione danneggiata. Ciò posto, si afferma la responsabilità in capo al concessionario dell’autostrada che ne ha la custodia e deve prendersi cura anche della recinzione (cfr. Trib. Roma 12 aprile 2018, id, 2018, I, 2338; Trib. Udine, 29 gennaio 2016, id., Rep. 2016, voce cit., n. 246; Giud. pace Latisana, 25 marzo 2014, id., Rep. 2014, voce cit., n. 299).
II.- La seconda parte delle sentenza si occupa della quantificazione del pregiudizio. Di una certo rilievo sarebbe potuto risultare il profilo del danno non patrimoniale legato alla perdita di un animale d’affezione quale potrebbe essere un cane da caccia, peraltro non sviluppato nella sentenza in commento. La giurisprudenza sulla perdita dell’animale d’affezione è stata a lungo divisa (cfr., riassuntivamente, la nota a Trib. Sant’Angelo dei Lombardi, 12 gennaio 2011, id.,2011, I, 898; il provvedimento è annotato altresì da R. FOFFA, Il danno da perdita dell’animale d’affezione, in Nuova giur. civ., 2011, I, 667);. Più di recente la Corte di cassazione si è pronunciata con ordinanza sul tema, escludendo il risarcimento del danno non patrimoniale in quanto non riconducibile ad alcuna categoria rilevante (cfr. Cass. 23 ottobre 2018, n.26770, id., Le banche dati, archivio Cassazione civile; v., tuttavia, la nota di M. BONA, Gli animali da compagnia contribuiscono alla qualità della vita tranne che per taluna Cassazione, in Resp. civ. prev., 2019, 489).