Conflitto di interessi e abuso di potere nello scioglimento delle società di capitali

La recente sentenza della SC del 29 settembre 2020 n. 20625, ci fornisce l’occasione per approfondire e meglio definire i concetti di “conflitto di interessi” e “abuso di potere” nell’ambito delle delibere per lo scioglimento anticipato delle società di capitali, che la giurisprudenza ha sviluppato nel tempo a partire dalla sentenza della SC n. 11151 del 26 ottobre 1995, considerata il leading case in materia.

L’art. 2484 c.c. stabilisce che le società di capitali possono essere sciolte anche con “delibera dell’assemblea”, quale diritto esercitabile con il voto favorevole dei soci che esprimono la maggioranza del capitale sociale.

Con la sentenza in questione la SC, coerentemente con l’orientamento cristallizzato nel tempo, ha ritenuto inammissibile il ricorso per l’annullamento della delibera di scioglimento anticipato della società per conflitto di interessi ed eccesso o abuso di potere, poiché ritenuti insussistenti.

Nel merito, ha confermato che sussiste conflitto di interessi quando la decisione sia in contrasto tra l’interesse sociale e quello del socio, quest’ultimo non riconducibile a priori nella prosecuzione dell’attività, mentre sussiste abuso o eccesso di potere quando la decisione risulti arbitrariamente e fraudolentemente preordinata dai soci maggioritari al perseguimento di interessi propri divergenti rispetto a quelli sociali, ovvero alla lesione di diritti degli altri soci.

Sulla base del contenuto della richiamata sentenza, riassumiamo di seguito gli elementi che caratterizzano le due situazioni di conflitto di interessi ed abuso di potere.

Il conflitto di interessi

L’art. 2373 c.c. stabilisce che sussiste conflitto di interessi allorquando la delibera viene approvata con il voto determinante di coloro che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società, ed arrechi altresì un danno anche potenziale a quest’ultima.

Sul punto, la SC (sentenza n. 27387 del 12 dicembre 2005) ha affermato che l’interesse sociale deve essere inteso come l’insieme degli interessi comuni dei soci, in quanto parti del contratto con la società e ritenuti tali “ … l’interesse alla produzione di lucro, alla massimizzazione del profitto sociale, inteso come massimizzazione del valore globale delle azioni o delle quote, al controllo della gestione dell’attività sociale, alla distribuzione degli utili, alla alienabilità della propria partecipazione sociale, alla determinazione della durata del proprio investimento e quindi allo scioglimento della società”, con la conseguenza che la prosecuzione della propria attività imprenditoriale non è annoverabile tra gli interessi sociali, poiché sarebbe in contrasto con l’interesse sociale allo scioglimento della società stabilito dall’art. 2484 c.c.

In estrema sintesi, la delibera di scioglimento anticipato della società è viziata da “conflitto di interessi” e quindi annullabile ex art. 2373 c.c. quando sussiste “di fatto” un conflitto tra un interesse non sociale perseguito dai soci, ed uno qualsiasi degli interessi riconducibili al contratto sociale, come sopra definiti.

Il conflitto di interessi tra i soci, è invece configurabile come abuso o eccesso di potere.

L’abuso o eccesso di potere

L’art. 1375 c.c. impone a ciascuna parte contrattuale di cooperare per conseguire scopi ed interessi comuni, assumendo comportamenti idonei a soddisfare le legittime aspettative dell’altra parte (Cass. 9 marzo 1991 n. 2053), ed in applicazione del generale principio di solidarietà per tutti i rapporti giuridici obbligatori, le parti contrattuali sono vincolate al dovere di lealtà e di rispetto della sfera altrui ex art. 1175 c.c. anche nel contratto sociale, il quale si realizza mediante attività comuni governate da una organizzazione di gruppo finalizzata a regolare lo svolgimento dei programmi sociali, attraverso il potere dispositivo attribuito alla maggioranza.

La cosiddetta regola della maggioranza è quindi finalizzata a realizzare lo scopo sociale attraverso il libero e legittimo esercizio del diritto di voto da parte del socio, che coincide anche con il perseguimento di un proprio interesse, ma fino al limite dell’altrui danno, anche potenziale.

Sussiste quindi abuso o eccesso di potere quando, alternativamente e non congiuntamente, la delibera della maggioranza risulti arbitrariamente o fraudolentemente preordinata a perseguire esclusivamente interessi e vantaggi personali dei soci, antitetici o ingiustificati rispetto a quelli sociali, ovvero a ledere, anche in via potenziale, gli interessi degli altri soci.

Per converso, la lesione degli interessi del socio minoritario sarà giustificata quando la delibera realizza comunque gli interessi della società.

Rispetto al conflitto di interessi, l’onere di provare la illegittimità della delibera per abuso o eccesso di potere spetta al socio di minoranza, ma nelle sole ipotesi innanzi descritte, atteso che in sede giudiziaria è preclusa ogni valutazione sulle motivazioni sottese alla decisione dell’organo deliberante, essendo insindacabili le esigenze relative all’economia individuale del socio che possano averlo indotto a votare per tale soluzione dissolutiva (Sez. I, Sentenza n. 27387 del 12/12/2005).